Intervista a Gianni Puglia

Non bastano “mille colori” per dipingere l’intraprendenza di Gianni, papà di Sara, Chiara e Tiziano. Intraprendenza con cui ha potuto trasformare le difficoltà che la vita gli ha riservato in una grande risorsa.
Tiziano è un bambino di sette anni, affetto da Disturbo Autistico (chiamato anche Autismo Infantile o Sindrome di Kanner; DSM IV-TR) diagnosticato all’età di due anni e mezzo, caratterizzato da uno sviluppo anormale e/o menomato nelle interazioni sociali reciproche, nella comunicazione e da forme limitate, ripetitive e stereotipate del comportamento, degli interessi e delle attività.
Venuta a conoscenza della sindrome del figlio, la famiglia di Tiziano ha dovuto affrontare numerose sfide, complicate e dolorose, ma nessuno di loro si è mai arreso. Anzi, papà Gianni ha dato vita ad un movimento di aggregazione che ha come fine quello di poter offrire la propria esperienza come aiuto a tutti coloro che devono percorrere un cammino simile al loro.

Come è nata l’esigenza di creare un’associazione?

È nata come esigenza personale. Ottobre 2013 è stato un momento importante per la mia famiglia: Tiziano, a sei anni, ha detto la sua prima parola. Di consueto la prima parola del proprio figlio è di per se un momento emozionante, ma per noi ha significato anche la nascita di una nuova speranza. Il successo raggiunto da Tiziano ha indotto i medici a suggerirci percorsi specifici, con cui il bambino avrebbe potuto ottenere successivi miglioramenti. Il problema è stato quello di essere entrati in un mondo destinato a pochi fortunati: i costi degli interventi erano altissimi e scarsamente accessibili.
Mi sono fatto forza e ho avuto l’idea di sfruttare i social network per fare rete con tutti coloro che sono vicini alla mia realtà. Ho istituito così la pagina Facebook “Autismo Fiumicino”, sebbene senza troppe aspettative.
Il giorno dopo ho notato come alcuni professionisti hanno iniziato a pubblicare annunci di lavoro, in cui offrivano terapie a tariffe etiche.
Un articolo di questi ha ottenuto nella prima giornata 300 visualizzazioni. Stupito dalla rapidità con cui le informazioni erano state trasmesse, e visto il numero di persone che sempre di più popolava la pagina, ho pensato di mettermi in contatto con alcuni dei terapisti esperti, con l’intento di creare un gruppo di professionisti che potesse essere al servizio di chi, come noi, avesse bisogno di un intervento accessibile e qualificato.

Qual è lo scopo principale dell’equipe clinica di cui si avvale?

L’idea di base è quella di proporre un metodo di cura che tenga conto della patologia da un punto di vista biopsicosociale e che non si opponga, ma affianchi, il metodo istituzionale. È un privato accessibile, non di lusso, a cui l’intera comunità può rivolgersi, sia nei casi di disabilità sia nel caso di problematiche diverse.
Intere famiglie possono rivolgersi ai nostri professionisti per interventi multidisciplinari. L’equipe è infatti composta da Medici, Psicologi, Neuropsicomotricisti, esperti del Metodo ABA, Counsellor alimentari ed altri ancora.
Dopo solo un mese da quando ho istituito il gruppo di lavoro, nove famiglie mi hanno contattato, con la richiesta di un percorso di terapia per i propri figli.

Cosa vorrebbe dire alle famiglie che si stanno affacciando a questa realtà, partendo dalla sua esperienza personale?

Appena scopri che tuo figlio è affetto da disturbo autistico il sentimento che prevale è la rabbia. Ti trovi a chiudere le porte di casa poiché tutto diventa pericoloso, complicato. Il bambino è agitato, salta, butta a terra gli oggetti, costruisce giochi suoi da cui non vuole separarsi, ma che sono difficili da trasportare.
Il passo successivo è quello di affrontare il mondo dei medici: prime visite, diagnosi, interventi. Ti ritrovi a raccontare la tua storia a persone diverse così tante volte da perdere il conto. Spesso mi sono sentito solo, inadeguato e questo mi ha dato la forza per mettermi in gioco e per tirare fuori un pò di quella sana aggressività che mi ha permesso di aiutare mio figlio senza troppa paura.
Per troppo tempo io e mia moglie ci siamo sentiti come due osservatori che piangono silenziosamente.
È ora che ci facciamo vedere, il viso di Tiziano, sempre sorridente, deve diventare il simbolo dell’autismo. Ogni difficoltà che abbiamo affrontato è stata trasformata in una nuova forza ed è per questo che, a tutte le persone che hanno il mio stesso problema, suggerisco di uscire dall’isolamento e condividere la propria esperienza.
La sala di attesa dei centri di cura è molto importante poiché è il luogo in cui poter condividere il proprio dolore, confrontare le tappe di sviluppo del proprio figlio con quello degli altri bambini, festeggiare insieme i successi e sostenersi negli insuccessi.

Qual è l’arma vincente del suo progetto?

A vincere sono le famiglie. Sogno un progetto che appartenga ai genitori.
I nostri operatori entrano nelle case e aiutano chi sembra non avere via d’uscita. La scienza e la medicina sono molto importanti, ma se non c’è chi accede al cuore delle famiglie non andiamo da nessuna parte.
Vogliamo meno discriminazione e più sensibilizzazione, creiamo punti d’ascolto e d’accoglienza, curiamo partendo dalle persone, offriamo un servizio che sia facilmente raggiungibile, continuo nel tempo e con costi sostenibili.

Qual è il suo sogno più grande?

Il mio sogno più grande è quello di creare una grande famiglia: aggregazione, cura e responsabilità in grado di affrontare le “diverse-abilità”.
Tiziano deve diventare famoso, così diventeranno famosi tutti i bambini del territorio, sia autistici che con altre disabilità.